di Mario Mariano
Se le grandi firme del giornalismo sportivo italiano raggiungevano volentieri Perugia durante il periodo della prima serie A non era solo per la buona cucina, pur avendo all'epoca la convivialitá una importanza. superiore ai giorni nostri, c'era molto di più .C'era ad esempio una squadra che giocava un calcio moderno, spettacolare, con una equa distribuzione di compiti e responsabilità, c'era una Società che sapeva curare le relazioni con i media, grazie alla ospitalità di Spartaco Ghini e alle doti di diplomazia di Franco D'Attoma.La simpatia attorno a quel pianeta era palpabile e in qualche modo coinvolgeva tutti. Ad esempio Gianni Brera era amico personale di Giorgio Lungarotti, tra i primissimi viticoltori a intuire il business del vino, e scendere a Perugia per lui era una festa .Le abbuffate di Brera erano proverbiali, ma non era il solo: la cucina umbra piaceva molto anche a Ezio De Cesari , storico inviato del Corriere dello sport, e non erano da meno GianMaria Gazzaniga del "Il Giorno" o Franco Mentana della "Gazzetta dello sport", papà già orgoglioso di Enrico.Nonostante la trasferta non fosse una passeggiata, tutti, ma proprio tutti venivano volentieri a Pian di Massiano perché sapevano in partenza che il servizio non sarebbe stato banale.Il Perugia si era guadagnato dal primo anno in A la fama di provinciale terribile, una squadra con un gioco moderno, che aveva una sua identità.Cosi in occasione di Juventus-Perugia di quel tragico 30 ottobre la tribuna stampa era affollata dalle migliori penne, giornalisti che seguivano la Nazionale e che avevano un peso specifico nel panorama calcistico perché le loro opinioni incidevano su ingaggi e trasferimenti di calciatori..Il Perugia era tenuto in grande considerazione dai media -carta stampata,radio e televisione - e non è esagerato riversare che in ogni redazione c'era più di un giornalista che manifestava apertamente le proprie simpatie per la società di D'Attoma e Ghini. Era apprezzato il senso di ospitalità , ma anche capacità e stile di allenatore e calciatori ,che davvero non sapevano cosa fosse la supponenza. Erano altri tempi, vero, certi i valori avevano un altro rilievo, ma il quadro era questo. Se quella domenica pomeriggio quando si seppe della morte di Curi, in tanti in sala stampa scoppiarono a piangere, era anche perché Perugia e la sua squadra era nel cuore di tutti. La tragedia fu grande, perché morire a 24 anni in un campo di calcio era un avvenimento non preventivatile, ma quella domenica fu tutta l'Italia è non solo quello del pallone a sintonizzarsi sul dolore della gente di Perugia. Si può pensare che tanta partecipazione era il frutto di come quella favola calcistica era stata raccontata con dovizia di particolari di tecnica calcistica e di solida umanità.